...Ma adocchiando le sue piccole grazie io ebbi semplicemente l’idea più lampante di quante abbia mai avuto, l’idea che dovevo immergere il mio essere solitario (“Un omaccione triste solitario” ecco cosa mi disse appena una sera dopo, sorprendendomi d’un tratto sulla sedia) nel caldo bagno e nella salvazione delle sue cosce - le intimità di giovani amanti a letto, distesi faccia a faccia, occhio nell’occhio, petto sul petto nudo, organo nell’organo, ginocchio contro ginocchio tremante, pelle d’oca, scambiarsi gesti esistenziali e d’amore in cambio di quell’impeto di farla - “farla,” grande espressione di lei, vedo i dentini sporti in fuori fra le piccole labbra rosse mentre dice “farla” - la chiave del dolore - lei sedeva nell’angolo, presso la finestra, di lì a poco sarebbe stata “separata” o “disciolta” o “preparata a staccarsi da questo gruppo” per sue buone ragioni. Andai nel suo angolo, puntellandomi al muro, ma non mi inchinai, tentai una muta comunicazione e poi parole pacate (adatte alla serata) parole da Riva Nord: “Cosa legge?” e per la prima volta lei apri la bocca e mi parlò comunicandomi un pensiero intero: se proprio non dirò che mi cadde il cuore, ammetto che mi chiesi quando e dove avevo sentito quel modo di parlare buffo, da intellettuale, parte Riva Nord, parte modello I. Magnin, parte Berkeley, parte alta borghesia, una cosa così, un misto di langue e di birignao, con parole che non avevo mai sentito prima se non da certe, poche, ragazze, naturalmente bianche, ed eccentriche per giunta, anche Adam se ne era accorto subito e commentò la cosa con me quella notte - ma non c’eran dubbi: quello è il modo di parlare della nuova generazione bop....
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