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Se la giovinezza è sciocca, è perché non è stata oziosa. Quel che
guasta i nostri sistemi educativi, è che, in omaggio al numero, son
rivolti ai mediocri. Per uno spirito che si matura, non esiste
pigrizia. Quant'ho imparato nelle lunghe giornate che, a un testimone,
sarebbero parse vuote, e nelle quali scrutavo il mio cuore novizio
come un nuovo ricco controlla i suoi gesti a tavola!
Quando non dormivo da Marta, vale a dire quasi ogni giorno,
passeggiavamo dopo pranzo, lungo la Marna, fino alle undici. Staccavo
il canotto di mio padre. Marta remava; io, disteso, appoggiavo la
testa sulle sue ginocchia. Le davo impaccio. All'improvviso un colpo
di remo, urtandomi, mi ricordava che quella gita non sarebbe durata
tutta la vita.
L'amore vuole far partecipare gli altri alla sua beatitudine. Così,
un'amante di temperamento freddo diventa carezzevole, ci bacia sul
collo, inventa mille moine, se stiamo scrivendo una lettera. Non avevo
mai tanto desiderio di baciare Marta, come quando un lavoro la
distraeva da me; mai tanto desiderio di toccarle i capelli, di
spettinarla, come quando si pettinava. Nel canotto mi precipitavo su
di lei coprendola di baci, perché lasciasse i remi, e il canotto se ne
andasse alla deriva, prigioniero delle erbe, tra le ninfee bianche e
gialle. Essa riconosceva in ciò i segni d'una passione incapace di
dominarsi, mentre quello che mi spingeva così forte era la manìa di
disturbare. Poi ancoravamo il canotto dietro alti cespugli. La paura
di esser visti o di capovolgere il canotto rendeva i nostri giochi
mille volte più voluttuosi.
Perciò non mi lamentavo dell'ostilità dei proprietari che rendeva
difficilissima la mia presenza in casa di Marta.
La mia sedicente fissazione di possederla come Giacomo non aveva
potuto possederla, di baciare un punto della sua pelle dopo averle
fatto giurare che mai altre labbra vi si erano posate, era puro
libertinaggio. Me lo confessavo? Ogni amore ha la sua giovinezza, la
sua età matura, la sua vecchiaia. Ero forse all'ultimo stadio, in cui
già l'amore non mi soddisfaceva più senza certe raffinatezze? Perché,
se la mia voluttà riposava sull'abitudine, si ravvivava anche dei
mille nonnulla, delle leggere correzioni inflitte all'abitudine. Così,
non nell'aumento delle dosi, che presto diventeranno mortali,
l'intossicato trova sulle prime l'estasi, ma nel ritmo che inventa,
sia cambiando le ore, sia ingegnandosi di disorientare altrimenti
l'organismo.
Amavo tanto quella riva destra della Marna, che frequentavo l'altra,
così diversa, per poter contemplare quella che amavo. La riva destra è
meno molle della sinistra, consacrata agli orti, alle coltivazioni,
mentre la mia è consacrata all'ozio. Legavamo il canotto a un albero,
andavamo a stenderci in mezzo al grano. Il campo, sotto il venticello
serotino, abbrividiva. Il nostro egoismo, nel suo nascondiglio,
dimenticava il danno che faceva, e sacrificava il grano all'agio del
nostro amore, come gli sacrificavamo Giacomo.
Un profumo di provvisorio eccitava i miei sensi. Aver gustato gioie
più brutali, più somiglianti a quelle che si provano senz'amore con la
prima venuta, rendeva insipide le altre.
Apprezzavo già il sonno casto, libero, il benessere di sentirsi solo
in un letto dalle lenzuola fresche. Adducevo ragioni di prudenza per
non passar più le notti da Marta. Essa ammirava la mia forza di
carattere. Io temevo anche l'irritazione che dà una certa voce
angelica delle donne che si svegliano e che, commedianti nate,
sembrano ogni mattina venire dall'aldilà.
Mi rimproveravo le mie critiche, le mie finzioni, e passavo le
giornate a chiedermi se amavo Marta più o meno di un tempo. Come
falsavo le frasi di Marta, credendo di dar loro un senso più profondo,
allo stesso modo interpretavo i suoi silenzi. Sempre a torto? Un certo
urto interno, che non si può descrivere, ci avverte che abbiamo
colpito nel segno. I miei godimenti, le mie ansie erano più forti.
Coricato al suo fianco, il desiderio che mi prendeva, da un momento
all'altro, d'essere a letto solo in casa dei miei genitori, mi faceva
prevedere insopportabile una vita passata in comune. D'altra parte,
non potevo immaginare di vivere senza Marta. Cominciavo a conoscere il
castigo dell'adulterio.
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Come l'ape succhia i fiori e arricchisce l'alveare, così di tutti i
desideri che lo assalgono per strada un innamorato arricchisce il suo
amore: ne dà l'utile alla sua amante. Non avevo ancora scoperto la
disciplina che dà, alle nature infedeli, la fedeltà. Se un uomo
desidera una cortigiana e riporta quell'ardore sulla donna che ama, il
suo desiderio, più vivo perché insoddisfatto, farà credere a questa
donna che mai è stata amata di più. E' ingannata, ma la morale secondo
la gente è salva. Con tali calcoli comincia il libertinaggio. Non si
condannino dunque gli uomini che son capaci d'ingannare la loro amante
nel più forte del loro amore; non li si accusi di esser leggeri.
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