eccomi qui in questa valle infernale
mi ritrovo a scrivere quasi come un promenoria della serata trascorsa in un tripudio di glicemia e risate. Il mio amico stone ange (pierangelo per gli sgravidi d'inglese) mi ha ben riempito di liquame dorato.. ottima birra pedavena ben assimilata dall'organismo, tra l'altro mi ha riempito il sedere di storie di schiume indispensabili nella spinatura dove evitare che indesiderati batteri possano deteriorare il grado alcolico della bevanda! Ma alla fine neanche paolo dopo avergli fatto scuola mi ha persuaso dal mio miscuglio del momento: moijto! Due o tre, neanche ricordo... ho solo sullo stomaco l'insalata di menta condita con rum e offerta dall'oste dopo un'insistente mia richiesta!
Il fatto sta che di questa serata distensiva ne avevo bisogno, bisogno per staccare da rituali ormai canonici delle mie giornate, vecchi amici a me vicini mi hanno preso per mano trascinandomi fuori da assillanti pensieri. Ovvio, ubriaco, altrimenti non sarei qui alle 3 del mattino a battere lettere sciolte in nere pagine nel mio sognosbagliato.
Chiedo scusa per le non risposte a commenti aperti, ma il video ondeggia nella scrivania e trovo difficoltoso la messa a fuoco dei discorsi lasciati in attesa.
la menta fermenta nell'atrio del gargarozzo sollazzato, buonanotte mondocane! E un bacio alle viandanti.
♪ Toxic Narcotic - We're All Doomed
“Una cosa però l’ho imparata: per conoscere bene la gente bisogna averci litigato seriamente almeno una volta.”
-Anna Frank -
furioso, credo d'aver mandato a fanculo tutti, chiunque mi appariva davanti si traformava in testadicazzo! Giornata iniziata con moine e straripata in ira totale ai limiti del controllo... e il tutto per parole! Questo posto ne è pieno di parole, che poi diventano sassolini nella scarpa, appigli, gelosie, bambinate d'adulti, crepe... ora non me ne frega un beneamato cazzo!
Mi sono trovato pure un lavoro serale, provo a lavorare solo.. o mi aiuta o vado definitivamente fuori di testa!
Suona la sveglia, la radiosveglia. Mi giro e rigiro, solita lotta tra me e il sogno.. ascolto l’oroscopo (pur non credendoci) che dice: stamattina ti sei svegliato col piede sbagliato! E che cazzo! Almeno lasciamelo mettere giù il piede! Che poi.. c’è poco da fare, io lo sbaglio lo cerco proprio, inconsciamente non amo star tranquillo, allora vado di caffè, almeno sbrano qualche innocente!Perchè ho davvero la sensazione che più parlo e più faccio danni!
♪ The Exploited - Beat the Bastards
Scolpito stordito dalla bocca capiente sapiente nel dare donare un dolce sentire da inebriare la voce per dare un lamento un maestoso piacere da inarcare la testa per lasciarsi andare per poi ritornare a voler guardare e attento seguire l’infernale, nota del tutto speciale, traspare il calore che cola a discendere in gola mentre ancora incapace continuo a guardare i miei nervi da soli, tesi, costretti a sgranchirsi e da soli pulsare, non distolgo i miei occhi, continua assetata. Ora la foga è calata riprendo il respiro e ancora a guardare con la vista velata la pelle sudata il mio cazzo ora uscire dalla bocca fatata. Sento il sangue pompare mentre sazio il piacere non vuole finire, risale il mio corpo che ancora bloccato non riesce a reagire, con lo sguardo fisso il mio volto rincorre con le labbra bagnate rosse appagate a dare valore e a quel bacio il sentore del mio solo sapore.
♪ Killing Joke - Love Like Blood
Andavamo spesso in osteria persa tra il verde dei i colli Asolani, andavamo di prima serata perché chiudeva preso. Una osteria dove avevano un rosso cabernet di casa servito su caraffe e bicchieri tipici di un tempo. Eravamo soliti farcene un paio prima di ordinare il caffè più! Era la specialità del locale, la grolla valdostana. Più o meno è un mix di caffè e un liquore valdostano, ma noi conoscendo l’oste avevamo i favori di percentuali diverse. Di quella orninavamo sempre doppia razione, ad esempio se eravamo in quattro ne ordinavamo una da otto, questo perché a noi sembrava più igenico: i primi giri ognuno ha il suo foro dove bere la fumante bevanda, poi c’era il dubbio allora subentrava il foro di riserva, ma alla fine non si capiva più niente! Insomma, era una scura per la doppia razione. A volte succedeva che al primo sorso ci si ustionava la bocca risputando dentro… sta ciotola di legno non da l’idea della temperatura del liquame per cui a turno assaggiavamo e…
Ricordo che a volte siamo usciti a quattro zampe da quella casa andando poi a rotolare per le stradine in pendenza, inutile dire che
lo abbiamo fatto anche nudi! In fondo le cazzate sono complete solo se vissute in tutte le loro sfumature.
Poi si andava…
a v e r t i l i b e r a, n e l p a l m o d e l l a m i a m a n o
Nell'ora di un tramonto primaverile insolitamente caldo apparvero presso gli stagni Patriaršie due persone. Il primo - che indossava un completo grigio estivo - era di bassa statura, scuro di carnagione, ben nutrito, calvo; teneva in mano una dignitosa lobbietta, e il suo volto, rasato con cura, era adorno di un paio di occhiali smisurati con una montatura nera di corno. Il secondo - un giovanotto dalle spalle larghe, coi capelli rossicci arruffati e un berretto a quadri buttato sulla nuca - indossava una camicia scozzese, pantaloni bianchi spiegazzati e un paio di mocassini neri. Il primo altri non era che Michail Aleksandroviè Berlioz, direttore di una rivista letteraria e presidente di una delle piú importanti associazioni letterarie moscovite, denominata per brevità MASSOLIT; il suo giovane accompagnatore era il poeta Ivan Nikolaevič Ponyrëv, che scriveva sotto lo pseudonimo Bezdomnyj.Giunti all'ombra dei tigli che cominciavano allora a verdeggiare, gli scrittori si precipitarono per prima cosa verso un chiosco dipinto a colori vivaci, che portava la scritta «Birra e bibite». Ma conviene rilevare la prima stranezza di quella spaventosa serata di maggio. Non solo presso il chiosco, ma in tutto il viale, parallelo alla via Malaja Bronnaja, non c'era anima viva. In un'ora in cui sembrava mancasse la forza di respirare, quando il sole che aveva arroventato Mosca sprofondava oltre la circonvallazione Sadovoe in una secca bruma, nessuno era venuto sotto l'ombra dei tigli, nessuno sedeva sulle panchine, deserto era il viale. - Mi dia dell'acqua minerale, - disse Berlioz. - Non ce n'è, - rispose la donna del chiosco e, chi sa perché, prese un'aria offesa. - Ha della birra? - chiese con voce rauca Bezdomnyj. - La devono portare stasera, - rispose la donna. - Che cos'ha? - chiese Berlioz. - Succo d'albicocca, ma non è fresco, - disse la donna. - Ce lo dia lo stesso!... Il succo formò un'abbondante schiuma gialla, e nell'aria si diffuse un odore di bottega di barbiere. Toltasi la sete, i letterati, presi da un improvviso singhiozzo, pagarono e si sedettero su una panchina di fronte allo stagno, voltando le spalle alla Bronnaja. Qui successe una seconda stranezza, che riguardava soltanto Berlioz. A un tratto egli smise di singhiozzare il suo cuore diede un forte battito, per un attimo non si sentí piú, poi riprese, ma trafitto da un ago spuntato. Inoltre, Berlioz fu preso da un terrore immotivato, ma cosí potente che gli venne voglia di correre via senza voltarsi dagli stagni Patriaršie. Si guardò in giro angosciato, non comprendendo che cosa avesse potuto spaventarlo tanto. Impallidí, si asciugò la fronte col fazzoletto pensò: «Che cos'ho? Non mi era mai successo! Il cuore mi fa degli scherzi... Mi sono affaticato troppo... Forse è il momento di mandare al diavolo tutto quanto e di andarmi a riposare a Kislovodsk...» A questo punto l'aria torrida gli si infittí davanti, e da essa si formò un diafano personaggio dall'aspetto assai strano. Un berretto da fantino sulla piccola testa, una giacca a quadretti striminzita, anch'essa fatta d'aria... Un personaggio alto piú di due metri, ma stretto di spalle, magro fino all'inverosimile, e dalla faccia - prego notarlo - beffarda. La vita di Berlioz era cosí fatta che agli avvenimenti straordinari egli non era abituato. Impallidendo ancora di piú, spalancò gli occhi e pensò sconcertato: «Non è possibile!...» Ma, ahimè, era possibile, e lo spilungone, attraverso il quale passava lo sguardo, oscillava davanti a lui senza toccare la terra. Allora il terrore s’impadroní a tal punto di Berlioz che egli chiuse gli occhi. Quando li riaprí, vide che tutto era finito, il miraggio si era dissolto, l'uomo a quadretti era sparito, e insieme l'ago spuntato gli era uscito dal cuore. - Accidenti, che diavolo! - esclamò il direttore. - Lo sai, Ivan, c'è mancato poco che mi venisse un colpo per il caldo! Ho avuto perfino una specie di allucinazione... - tentò di ridacchiare, ma negli occhi gli ballava ancora l'inquietudine e le mani tremavano. Però a poco a poco si calmò, si fece aria col fazzoletto, e proferendo con una certa baldanza: - Be', allora... - riprese il discorso che era stato interrotto dal succo di albicocca. Questo discorso, come si seppe in seguito, riguardava Gesú Cristo. Infatti, il direttore aveva commissionato al poeta, per il prossimo numero della rivista, un grande poema antireligioso. Poema che Ivan Nikolaevič aveva composto, e in brevissimo tempo, ma purtroppo senza minimamente soddisfare il direttore. Bezdomnyj aveva tratteggiato il personaggio principale del suo poema, cioè Gesú, a tinte molto fosche, eppure tutto il poema, secondo il direttore, andava rifatto di sana pianta. Ed ecco che il direttore stava tenendo una specie di conferenza su Gesú, allo scopo di sottolineare il principale errore del poeta. ......
